LA BUSTA AZZURRA - 2 PARTE

LA BUSTA AZZURRA - 2 PARTE

un racconto dalle Minors basato su una storia vera.
di Marco Perucca

...(LEGGI LA PRIMA PARTE) Nello spogliatoio il clima era teso ed il più incazzato di tutti adesso era Paolo che evidentemente si stava preparando a qualche sceneggiata delle sue. Daniel si stava asciugando quando Ferenaz confermò: «Scarlato non arriva quindi Maugeri stai pronto e datti una svegliata.» Non aggiunse altro ad esclusione del solito «state facendo cagare». “State”, come se la cosa non lo riguardasse e consumato come era probabilmente non lo riguardava più. Anche per lui venire ad allenare era forse diventata una semplice via di fuga dalla moglie e dalle sue raccomandazioni. Tutti sapevamo che soffriva di diabete e che in passato doveva avere avuto qualche serio problema di salute, tant’è che a cinquant’anni ne dimostrava settanta, ma dopo ogni trasferta adorava infilarsi in una qualche bettola di provincia a divorare le più condite e grasse pietanze piemontesi che tirava giù a suon di vino rosso e digeriva con grappa e sigarello. Anzi, forse proprio queste trasferte erano lo scopo del suo allenare. “Morirà a tavola con la panza gonfia e la bocca aperta, col sigarello che gli pende da un labbro” pensavamo tutti ed in effetti se ne andò proprio così, sigarello a parte, perché su quello la moglie che gli stava a fianco il fatal giorno proprio non transigeva.

Quella sera l’esasperato Ferenaz osò e buttò in campo Daniel, insieme ad un Paolo e un Lollo incazzatissimi, a un Prato tontolone ma deciso a rimbalzo e a me, sempre timido e timoroso. Finalmente qualcosa stava cambiando e Paolo era tornato a giocare ai suoi livelli: finte in post basso che disorientavano il suo marcatore e il pallone lanciato in aria a campana a disegnare traiettorie che si infilavano inspiegabilmente in fondo al cesto. Ad ogni nostro canestro però gli avversari rispondevano puntuali sino a quando Paolo esasperato dal distacco che rimaneva assestato tra i 12 e i 14 punti decise di simulare a metà campo una gomitata ricevuta proprio sotto l’occhio dell’arbitro. Mi sembra ancora di rivederlo: lui che torna in difesa trotterellando all’indietro per poi gettarsi contro il proprio uomo e cadere a terra urlando con le mani a coprirsi il volto. Non so se abbiate mai assistito ad un tizio che cade colpito da un colpo di pistola in un film di serie B cinese anni ’70. Beh, la prova recitativa fu simile. Fallo tecnico contro di noi, Paolo che scatta in piedi protestando, due tiri liberi e possesso che fruttano 4 punti agli avversari. Meno 18 dopo quattro minuti dall’inizio del terzo periodo e Paolo, che in quel momento era decisamente il più caldo dei nostri (in tutti i sensi), venne richiamato in panchina a sbollentare.

Seguì un time-out di un minuto in cui Striano parlò indisturbato ma inascoltato mentre Ferenaz lo lasciava fare impotente. Nella mia testa il silenzio, non vedevo l’ora che finisse, che ci lasciassero andare indisturbati in una bettola a mangiare, bere e fumare di nascosto. “È andata” pensavo e quel vuoto di speranze mi rassicurò e forse rassicurò anche gli altri. Non sono mai stato un provvidenziale, non ti risolvo la situazione, vado a fondo con dignità. Così tornai in campo e la palla era incredibilmente diventata leggera, facile da manovrare e amichevole come lo era quando dopo la lezione di nuoto tiravo a canestro con un pallone da calcio nel campetto dietro la piscina. Mi riscoprii lucido, spensierato e i miei compagni di squadra mi parvero dei semplici compagni di gioco. Vista la situazione di vantaggio l’allenatore avversario sostituì il 4 con un play decisamente più attempato che superavo facilmente per penetrare e scaricare da tre per Daniel che la buttava dentro in ogni modo. Lollo giocava con sicurezza e in pick & roll trovava sempre Prato ad appoggiare alla tabella. Iniziai anche a smettere di scaricare in penetrazione per saltare verso canestro e segnare i miei primi quattro punti. Chiudemmo il terzo periodo a meno 9 con un parziale di 11-2.

In panchina Striano e Paolo stavano ormai in piedi, il primo a urlare assurdità tattiche, il secondo ad incitare e ad urlare anche lui “brava e bella” insieme ai nani. Alla ripresa del gioco mi ritrovai il 4 di fronte, ma non mi faceva più paura anzi, mi stava pesantemente sul cazzo l’aria da ragioniere che aveva quando portava palla e poi quei calzettoni bianchi alti fino al ginocchio “cazzo sei?! Un calciatore?!” Iniziavamo per davvero ad essere carichi tanto che loro sul meno cinque cominciarono a innervosirsi e Daniel, stanchissimo, sfoderò la sua arma più temuta in difesa: indice e medio della mano ben congiunti e tesi e via a ficcarli con discrezione nel culo del povero 14 che esasperato sul meno tre iniziò ad urlare «arbitro il 6 mi molesta! Mi mette le mani nel culo!». Daniel alzava le mani e faceva il finto tonto, mentre la panchina avversaria scattava in piedi. Fece in tempo a mandare ancora due bombe a canestro e poi uscì coperto dagli insulti degli avversari.

Due minuti e mezzo alla fine: 63-61 per i padroni di casa e si giocava punto a punto. Lo ricordo come se stesse accadendo adesso e per il tabacco che fumo quasi mi viene il fiatone: senza pietà presso il 4 che ferma il palleggio, gli sto addosso con le mani alzate urlandogli in faccia «CHIUSO! CHIUSO!» mentre questo sulla riga di rimessa cerca di trovare una linea di passaggio, finché il piede perno gli cede: passi, palla nostra. Porto palla, Prato azzecca un blocco decente su Lollo che taglia in mezzo e di sinistro in sottomano pareggia. Time-out.

Ferenaz torna a fare il coach e ci invita alla calma. «Zona 2-3 lasciateli tirare, ma non fateli entrare». Neppure il tempo di dirlo che Prato stende il ciccionissimo 9 in penetrazione. “Non andare in bagno a fumarti la siga piangendo che non è il momento” penso, anche se la faccia che ha su è proprio quella. Due liberi per loro, ma entra solo il secondo. Più uno loro. Si va di là, ma non si riesce a fare passare la palla dentro così Striano, che da quando è rientrato ha gli occhi spalancati e non ha mai battuto una volta le palpebre, decide di prendersi tiro e gloria forzando una bomba da tre che non metterebbe neppure se il canestro fosse il cratere di un vulcano. Sbagliando per l’appunto. Un minuto e mezzo, si torna da noi e di nuovo facciamo l’esatto contrario di quello che dovremmo. Il 9 va di nuovo dentro e Prato spende il quinto fallo. La faccia è quella di chi ha appena investito un bambino tetraplegico sulle strisce pedonali, ma dalla panchina lo sentiamo urlare quando il 9 stavolta sbaglia entrambi i liberi, anche se Rondano si fa sfuggire il rimbalzo dalle mani come un idiota e la palla rimane a loro. Sento Lollo bestemmiare estrosamente mentre riprende posto in difesa.

Siamo tutti in trans agonistica, ma non siamo in NBA, non esistono tabelloni luminosi o robe simili, solo un orologio che è a quasi totale discrezione dei giudici di gara che mal volentieri forniscono informazioni alla nostra panchina. Sappiamo solo che manca poco e siamo meno uno. Ma pensare a queste cose mi distrae e il 4 mi scappa e si butta dentro, Rondano gli va contro pronto al fallo o all'omicidio, ma il ragioniere riesce con agilità a scansarlo spedendo la palla fortissima sul tabellone per il rimbalzo di Paolo. I margini per il contropiede non ci sono così mi consegna la palla.

È proprio un bel pallone, già usato ma non troppo, gonfiato il giusto, della Molten di quelli che finiscono nei canestri dell’Eurolega, o almeno il disegno che ci sta sopra è uguale. Lo guardo e mi distraggo mentre mi dimentico che forse forse il tempo sta per finire. «Pugno!» chiamo invocando uno schema che nessuno ricorda e mai ha avuto intenzione di ricordare. Passo a sinistra, blocco in post basso a destra per Paolo che esce in post alto e riceve. Io taglio fino all'angolo destro e blocco per Rondano che taglia dentro e riceve da Paolo. Rondano è chiuso da due, io sono libero sull'angolo. Ricevo, mi butto dentro lungo la linea di fondo e da sotto canestro in rovesciata butto dentro.

63-64. "Brava e bella!" urlano i nostri, tutta la nostra panchina urla, la loro panchina pure urla, se ci fosse un pubblico urlerebbe pure quello, ma ci sono solo un paio di dirigenti che non vedono l'ora di uscire a fumare. Gli altri battono in fretta la rimessa, palla al 4 che corre disperatamente verso il canestro mentre cerco di inseguirlo e poi lancia a caso la palla verso il ferro mentre l'arbitro fischia. La palla sbatte sul quadro svedese. È finita. Abbiamo vinto. Anzi, abbiamo vinto cazzo!!

Ancora in trans agonistica, come assente, andai subito a stringere la mano agli avversari che se ne stavano in silenzio e poi sempre col pilota automatico in panchina a recuperare la borsa, senza calcolare nessuno, almeno finché non vidi una mano tesa verso di me. Era quella di Daniel che sinceramente mi diceva «Troppo forte». Mi limitai a un grazie ed entrai in spogliatoio come se avessi giocato i miei soliti dieci minuti senza infamia e senza lode. Per una volta nella mia vita avevo segnato il canestro della vittoria, ma me ne resi conto solo quando Paolo mi urlò nell’orecchio e mi tirò uno schiaffo sul collo così forte da tramortirmi mentre Lollo mi bestemmiava in faccia e mi scuoteva la testa.

Quella sera tornammo tutti a casa ubriachi e il Coach colse anche l'occasione per urtare una macchina di zarri in pieno centro. Leggenda vuole che gli zarretti vedendo scendere quell'uomo enorme dalla sua macchina per di più urlando «cazzo c'avete?! l'aids?!» siano scappati nonostante avessero ragione, ma la verità riposa insieme a Ferenaz.

...CONTINUA